Quando si parla di Roma antica, si pensa solitamente ai suoi fasti e allo splendore di una città che era il fulcro di un glorioso impero. Tuttavia, come ogni città dei tempi antichi e moderni, Roma aveva anche un lato oscuro e pericoloso. Un’area dedita alla malavita, alla lussuria e ai crimini più efferati, in cui però ebbe i natali niente meno che Giulio Cesare.
Quest’area era nota con il nome di Suburra, dal
latino “sub-urbe”, ossia sotto la città, in quanto era
posizionata effettivamente più in basso rispetto alla città. Nello specifico,
si trovava nell’attuale quartiere Monti, tra i Fori Imperiale e Piazza
Venezia. Si trattava di un’area malfamata, che ospitava criminali,
assassini e prostitute. Percorrerla era molto pericoloso, soprattutto di
notte. Nonostante ciò, si sa che era frequentata da politici e personaggi
illustri che volevano concedersi qualche momento di piacere. Proverbiali
erano le visite di Valeria Messalina, la moglie di Claudio, che addirittura
si trasvestiva e si truccava da prostituta per visitare il quartiere e
concedersi qualche vizio. O anche Nerone, che si travestiva da
mendicante per verificare gli umori del popolo.
Il quartiere era una delle zone più densamente
popolate di Roma, tanto che le abitazioni, denominate “insulae”
erano solitamente a più piani, molto affollati e di precaria costruzione. Qui
vivevano artigiani, commercianti, schiavi liberati e ovviamente anche criminali
e donne di strada. La Suburra era infatti famigerata per essere un’area
molto movimentata e vivace, ma anche estremamente pericolosa, tanto che persino
i vigilanti dell’ordine pubblico avevano difficoltà a mantenere l’ordine. Un po’
per proteggerla dai continui incendi, dati soprattutto dal legno di cui erano
fatti gli edifici, ma anche per distinguerla ancora di più dal resto della
città, fu costruita una gigantesca muraglia che ancora oggi si
può ammirare.
La Suburra è menzionata in vari testi letterari e
storici dell'antichità. Autori come Giovenale, Cicerone e Marziale hanno fatto riferimento
alla Suburra nelle loro opere, spesso descrivendola con un misto di fascino e
riprovazione. Persino oggi, viene utilizzata per indicare le aree più degradate
e criminali della città e ha ispirato l’omonimo romanzo di Bonini e De
Cataldo che parla della mafia romana degli anni moderni.
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