Passeggiando per Roma è facile
imbattersi in strane architetture dal funzionamento bizzarro, o dall’aspetto irrimediabilmente
trasformato dalle intemperie e dal passare dei secoli.
A Piazza del Monte di Pietà, ad esempio, un turista camminando si troverebbe davanti la torre di un orologio di fine XVIII secolo. Apparentemente questa torre non desterebbe alcuna particolare attenzione, se non quando ci si sofferma a controllare l’ora. Solo a quel punto si sarebbe travolti da un singolare stupore, perché in effetti quell’orologio non segna l’ora esatta, o per lo meno non quella che ci si aspetterebbe!
Il motivo di ciò è avvolto da
una leggenda affascinante, ma secondo la tradizione si narra che l’incarico
della sua costruzione fu dato a un orologiaio tedesco; il quale,
probabilmente non contento della paga, o indispettito da qualche torto subìto,
decise di manomettere il meccanismo dell’orologio, che infatti da allora
non segna mai l’ora esatta. Si racconta che l'orologiaio pronunciò le parole:
“Per non esser state a nostre
patte, orologio del Monte sempre matte.”
Da allora, l'orologio è rimasto
noto per il suo funzionamento irregolare, guadagnandosi il soprannome di "orologio
matto".
Spostandoci verso Via Veneto,
all’angolo con Piazza Barberini, invece, il turista curioso potrebbe
scorgere una piccola fontana fuori scala (per lo meno rispetto alle
dimensioni delle maestose fontane che rendono famosa Roma). Si tratta di una
piccola quanto affascinante opera barocca attribuibile a Gian Lorenzo
Bernini, sotto il pontificato di Papa Urbano VIII Barberini. La
presenza di tre api scolpite sulla conchiglia bivalve
aperta è proprio a rappresentare il casato Barberini. Un aneddoto curioso
riguarda l'iscrizione originale della fontana, che celebrava il ventiduesimo
anno di pontificato di Urbano VIII. Poiché il papa morì otto giorni prima di
raggiungere tale anniversario, l'ultima cifra dell'iscrizione fu rimossa per
evitare interpretazioni di malaugurio.
Infine, passando verso il quartiere
San Giovanni, il nostro girovago non potrebbe fare a meno di notare una maestosa
struttura di epoca romana, quasi distrutta e completamente decadente, che
ha assunto negli anni il nomignolo di “Sedia del diavolo”, per via della
sua forma che ricorda una poltrona con braccioli. L’accezione
demoniaca risale al medioevo, quando si credeva che Satana in persona
troneggiasse qui. Poveri viandanti e pastori erano soliti accamparvisi per
trovare riparo la notte, accendendo fuochi che creavano un bagliore ancora
più sinistro sulla struttura; nel 1300 poi alcuni lasciarono scritti i loro
desideri sulle pareti sperando che si realizzassero, tanto che in un certo
punto della struttura si riesce a leggere la parola “Kabala”, una specie
di formula magica incisa sulle pietre del rudere dall'antico alchimista Zum
Thurm.
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